Una ragazza

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“Comme disait l’autre, pour chaque problème complexe il y a une solution simple, et elle est mauvaise.”
Umberto Eco, “le Pendule de Foucault”






Stava a margine della pista sterrata, in una posizione innaturale, più o meno come i gatti investiti sui bordi delle nostre strade. Ho fatto retromarcia, per vedere se era ferita e se si poteva fare qualcosa, ma la ragazza era già morta.
Non siamo neanche scesi dalla macchina, il viso era un po’ gonfio e le mosche già si assiepavano su occhi naso e bocca. Mi sono accorto a motore acceso di guardarla con incantamento. Simona si fa istintivamente il segno della croce, “vai avanti, non ti fermare” mi dice una delle due suore brasiliane che erano con noi; per la strada passavano ancora molte persone, possibile che nessuno se ne sia accorto? Avverto i primi che incontriamo che più avanti c’è una ragazza morta, aspetto per vedere se la guardano. La guardano. Poi la suora: “vai, casomai avvertiamo le autorità più avanti”. Mentre guido seguono tutti i consueti racconti sulle cose che capitano ai bianchi che si fermano per soccorrere qualcuno o per guardare un morto trovato per strada. In realtà non c’era più niente da fare ormai, lo sapevamo. Ma non aver fatto niente ed essermene andato così mi ha fatto star male e ha rivelato ancora una volta la frattura.
I bianchi vengono facilmente coinvolti e spesso accusati, perciò mi spiegano che soprattutto in caso d’incidente con responsabilità la prassi è correre via per non correre il rischio di essere linciati. Nessuno al mondo ce lo rimprovererà, poi si prende il primo aereo e si torna a casa, è la regola, tirare avanti in caso di pericolo.
Tra i villaggi può sbucare un bambino da chissàddove per scontrarsi a suo danno contro il ferro del toyota e in quel momento l’auto è assassina e capsula spaziale.
Ma come posso pensare che esista un’umanità comune se già a priori, e giustificatamente, sono disposto a fuggire prendendo sotto qualcuno?
Noi torniamo ad essere stranieri, totalmente, ad ogni passo, e soprattutto nei momenti culminanti, di fronte all’amore, di fronte alla malattia e alla morte. Proprio nei momenti in cui siamo più simili si svolgono procedure differenti di comportamento; impera la logica del male minore e non sento tra gli europei che sono qui, magari da quarant’anni, la possibilità di un superamento di questa dimensione.

Sogno che si possa immaginare di frenare, scendere, e in faccia alla prudenza del buonsenso, fare quello che si deve e aspettare quello che viene. Tchad dove ogni sassolino si fa montagna e dove una montagna così, sembra un sassolino.
In questo caso siamo passati avanti e trovo ipocrita anche pregare.

Al nostro rientro il cadavere comunque non c’era già più, non sapremo mai come e perché sia morta, ne chi l’abbia raccolta e pianta. Et j’en sais autant qu’avant.



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