La memoria di Adriano

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“Siamo ingombri di statue, rimpinzati di capolavori della pittura e della scultura; ma questa abbondanza è illusoria: non facciamo che riprodurre all’infinito poche decine di capolavori che non saremmo più in grado d’inventare. Io stesso, ho fatto copiare per la mia Villa l’Ermafrodito e il Centauro, la Niobide e la Venere, ansioso di vivere il più possibile tra queste melodie della forma. Ho secondato le esperienze con il passato, l’arcaismo sapiente che ritrova il senso di intenzioni e tecniche perdute. Ho tentato le variazioni che consistono nel riprodurre in marmo rosso un Marsia scorticato di marmo bianco e trasferirlo così nel mondo delle figure dipinte; o trasportare nei toni del marmo pario la grana nera delle statue egizie, e mutare l’idolo in fantasma.

Uno dei più bei ritratti dell'imperatore.
Uno dei più bei ritratti dell'imperatore.
La nostra arte è perfetta, cioè a dire raffinata, ma la sua perfezione è suscettibile di modulazioni varie quanto quelle di una voce pura: dipende da noi questo gioco abile, che consiste nell’accostarsi e nell’allontanarsi perpetuamente da soluzioni trovate una volta per tutte, di spingerci sino al fondo del rigorismo o della ridondanza, e racchiudere un numero sconfinato di creazioni entro la stessa sfera. I mille termini di paragone alle nostre spalle tornano tutti a nostro vantaggio, ci consentono di continuare intelligentemente Scopas o contraddire voluttuosamente Prassitele. I miei contatti con le arti barbare mi hanno indotto a ritenere che ogni razza si limita a determinati soggetti, a determinate esperienze tra tutte quelle possibili; ogni epoca, per di più, opera una cernita tra le possibilità offerta a ogni razza. In Egitto, ho visto dèi e re colossali; al posto dei prigionieri sarmati, ho trovato bracciali che ripetono all’infinito lo stesso cavallo al galoppo o gli stessi serpenti che si divorano l’un l’altro. Ma la nostra arte (quella dei Greci, voglio dire) ha preferito attenersi all’uomo.
Noi soli abbiamo saputo mostrare in un corpo immobile la forza e l’agilità ch’esso cela; noi soli abbiamo fatto d’una fronte levigata l’equivalente d’un pensiero. Io sono come i nostri scultori: l’umano mi appaga. Vi trovo tutto, persino l’eternità. La foresta tanto amata si racchiude tutta nell’immagine del centauro; mai la tempesta soffia più impetuosa che nel velo gonfio d’una dèa marina. Gli oggetti della natura, gli emblemi sacri, valgono solo se pregni di riferimenti umani: la pigna fallica e funerea, la vasca circondata di colombe che suggerisce la siesta in riva alle fonti, il grifone che trasporta in cielo il nostro diletto.
L’arte del ritratto m’interessava ben poco. I ritratti romani non hanno altro valore che quello della cronaca: copie del vero, contrassegnate da rughe esatte; o da verruche uniche, calchi di modelli che sfioriamo distrattamente per via e che dimentichiamo non appena scompaiono dalla nostra vista. I Greci, al contrario , hanno amato la perfezione umana al punto da curarsi ben poco della varietà dei volti umani. Non gettavo più di uno sguardo alla mia propria immagine; il marmo candido snatura il mio volto abbronzato, dagli occhi bene aperti, la bocca sottile e carnosa, controllata sino a tremare.”

La statua di marmo dell'imperatore romano Adriano è stata ritrovata e portata alla luce tra le rovine della antica città greco-romana di Sagalassos nella Turchia centro-meridionale
La statua di marmo dell'imperatore romano Adriano è stata ritrovata e portata alla luce tra le rovine della antica città greco-romana di Sagalassos nella Turchia centro-meridionale

“Le immagini colossali mi sembravano un mezzo per esprimere le vere proporzioni che l’amore conferisce agli esseri; queste immagini, le volevo enormi come un volto visto da vicino, alte e solenni come le visioni degli incubi, pesanti come il ricordo che mi perseguita.”

Marguerite Yourcenar, “Memorie di Adriano”



Nel 2006, credo, è stata trovata in Turchia una grande statua dell'imperatore. Enorme e ben scolpita. La statua di marmo dell'imperatore romano Adriano è stata ritrovata e portata alla luce tra le rovine della antica città greco-romana di Sagalassos nella Turchia centro-meridionale dagli esperti dell'Università cattolica di Leuven (Belgio).
Secondo Marc Waelkens, capo della spedizione che dal 1990 è al lavoro nel sito, si tratta di "uno dei più bei ritratti dell'imperatore" che governò Roma dal 117 al 138 d.C. Al momento, gli archeologi sono riusciti a recuperare la testa, un piede e parti di una gamba, tutti seppelliti a circa 5 metri di profondità, ma sono fiduciosi di riuscire a trovare altre parti della statua nelle prossime settimane.
Dai calcoli degli esperti, la statua originale doveva essere alta fra i quattro e i cinque metri: il piede misura 80 centimetri, mentre la gamba - da appena sopra il ginocchio alla caviglia - è lunga 70 cm, stessa dimensione della testa, recuperata intatta a parte il naso. Gli ornamenti del sandalo, fanno sapere gli studiosi, suggeriscono che la statua fosse abbigliata con indumenti militari, e dovrebbe risalire ai primi anni di regno di Adriano.

Adriano che regnò nella prima parte del II secolo dopo Cristo (117-138) compì in Asia Minore nel 130 d.C. uno dei suoi lunghi viaggi nei territori periferici dell'Impero al fine di rafforzarne le frontiere esterne. Il suo viaggio in Asia Minore servì a riportare i confini dell Impero all'Eufrate, consolidando l'accesso romano al Golfo Persico, che il suo predecessore Traiano era riuscito ad aprire solo temporaneamente.
E' questa la ragione per cui in vari siti archeologici vi sono vari templi, porte e statue di Adriano destinati a onorare la visita dell'imperatore in quelle terre.
Un tempio di Adriano è in via di ricostruzione nella capitale Ankara ed un altro tempio dedicato allo stesso imperatore, tornerà presto alla luce grazie agli scavi in corso nell'antica Cyzicus, nella cittadina di Erdek, nella provincia occidentale turca di Balikesir.
Le rovine greco-romane di Sagalassos, segnalate per la prima volta nel 1706 da Paul Lucas, in missione nell'area sudoccidentale dell'Anatolia per conto del Re Sole, Luigi XIV, divennero note agli archeologi europei alla metà del XIX secolo, grazie agli studi dell'inglese William Hamilton, soprattutto per il teatro che vi campeggiava praticamente intatto. Successivamente la fama di Sagalassos venne messa in ombra dalle straordinarie scoperte ad Efeso ed a Pergamo, che attirarono l'attenzione del mondo.
Dal 1990 sono cominciati i lavori di scavo della missione dell'Università cattolica di Leuven, che ha restaurato di recente un grande edificio termale, un Macellum, ed un tempio dedicato allo stesso Adriano ed al suo successore Antonino Pio.





“TRAHIT SUA QUEMQUE VOLUPTAS: ciascuno la sua china; ciascuno il suo fine, la sua ambizione se si vuole, il gusto più segreto, l’ideale più aperto. Il mio era racchiuso in questa parola: il bello, di così ardua definizione a onta di tutte le evidenze dei sensi e della vista. Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo. Volevo che le città fossero splendide, piene di luce, irrigate d’acque limpide, popolate da esseri umani il cui corpo non fosse deturpato né dal marchio della miseria o della schiavitù, né dal turgore di una ricchezza volgare (…)
Volevo che l’immensa maestà della pace romana si estendesse a tutti, insensibile e presente come la musica del firmamento nel suo moto; che il viaggiatore più umile potesse errare da un paese, da un continente all’altro, senza formalità vessatorie, senza pericoli, sicuro di trovare ovunque un minimo di legalità e di cultura; che i nostri soldati continuassero la loro eterna danza pirrica alle frontiere; che ogni cosa funzionasse senza inciampi, l’officina come il tempio; che il mare fosse solcato da belle navi e le strade percorse da vetture frequenti; che, in un mondo ben ordinato, il filosofo avessero il loro posto e i danzatori il proprio.”

Marguerite Yourcenar, “Memorie di Adriano”







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