MARZO '10

Torna a Signs/Opinions


"un hombre es, a la larga, sus circustancias."
Jorge L. Borges, "La Escrituras del Dios"



   Il mio orecchio continua a lacrimare, specie di notte. Si ricorda della violenza che l'ha deflorato nei giorni in cui amava l'acqua. Dopodiche mi sono saputo davvero mortale.

Mezza cura in Cile e mezza in Italia.


Poco prima della nostra partenza per l'Italia è fiorito questo atteso fiore. Finzione magica per il suo sodalizio con poche specie d'insetti. Odorante di carne in decomposizione.
Poco prima della nostra partenza per l'Italia è fiorito questo atteso fiore. Finzione magica per il suo sodalizio con poche specie d'insetti. Odorante di carne in decomposizione.




Nel Secano tuttavia non è grave il terremoto per cactus e arbusti.
Nel Secano tuttavia non è grave il terremoto per cactus e arbusti.




Una lucertolina (Liolaemus Sp.) presa sotto il sole.
Una lucertolina (Liolaemus Sp.) presa sotto il sole.






   Si ritorna in Italia per riaggiornare la linea del progetto dopo il terremoto e ci si ritrova così in patria a distanza di un anno.
Si ritrovano i vecchi amici, le proprie mancanze e sicurezze. Un albero tagliato per chi si cerca un'anima può valere come tutte le foreste abbattute, come tutti gli animali allontanati senza che esista più alcuna lontananza in cui lasciarli allontanare.
Anche del "lontano" in questa terra si può avere solo, lontanissima, la nostalgia.
Per questo, lontano o vicino che stia, la mia terra la sento lontana. E' il mio modo di amarla e di salvarla.
Intanto il comune di Treviso continua a tagliare, in mancanza di foreste, anche gli ultimi sorpresi alberi cittadini. Tra il loro scomparire e l’apparire di nuove costruzioni giganti cambia la città. Sembrano volerci dire sempre che la città è ricca.
Tutto invece concorre solo ad affermare incessantemente che anche l'ultima natura è stata vinta e piegata nel migliore dei mondi possibili e che ci sono trevigiani che credono che questo mondo migliore sia proprio il veneto. Così proprio dove non vedo traccia d’identità territoriale, comunitaria o culturale, sorgono e stravincono i partiti identitari della “venetità”.
Ascolto fin dalle fasce un dialetto stravolto dal milanglese, del cui accento tuttavia non ci si libera, affondo in un nonpiùpaesaggio valorizzato dalla cementificazione, mi bagno in una città d’acqua nella quale gli anatroccoli riabbruttiscono.

L’umidità malinconica e fredda che mi porto dietro da figlio di pianura, si accorda male con la violenza dei bar, con l'intollerante vitalità delle piazze gremite di una volontà di potenza radicata sull’idea di autonomia e sull’ambizione al mantenimento e all’accrescimento della ricchezza.
Questo mentre imprenditori veneti in crisi - e sempre di più in questa provincia - si tolgono la vita.
Non è tempo di leggerezze per la mia terra, con pressioni sempre più forti, per stordirsi è necessario usare sostanze sempre più forti. Ci si difende con i soldi e in questo il veneto è vicinissimo a tutto il mondo.
Ma si sente in effetti, oggi più che mai anche qui, la tanta paura di restare poveri dei ricchi. Tanta e così ben argomentata che arriva a commuovere anche i meno abbienti, disposti e preparati così a far colletta, dalle province, dalle regioni, dallo stato.

Loro in fondo sono poveri “per natura” e come tali condannati, mentre i ricchi si stanno appena cominciando ad ammalare.Quale sarà la mia responsabilità verso questa terra?
Sarò forse visto ancora come fuggitivo, fuggito, fuggente. Ma non è così e non mi basterà attendere che fisiologicamente le fauci si richiudano nuovamente sopra di noi nell’indistinta notte del ritorno, dove l'animale si annusa a seconda di che posto può od è disposto ad occupare nella scala dell'unica legge.
Per questa ragione questo tempo, queste quattro settimane sono preziose, utili per cercare di rimettere a fuoco la nostra posizione o non-posizione.

Cosa potrà farmi questa prima primavera italiana, prima di riaffondare nell'autunno cileno per un'altro anno?
Ci risentirò ancora dall'orecchio sinistro?


"È vero, la filosofia sta morendo: ma come un grande vecchio re sta morendo per una malattia sconosciuta. Attorno al suo corpo immenso che giace inerte ballano i giullari, i mantenuti, i figli, gli amici, i nemici, gli idioti: ognuno è convinto di essere stato lui a dare il colpo mortale. Ma nessuno si accorge di essere “legato”, come tutti gli altri, a una grande spada che nessuno sarebbe capace di brandire e che da lungo tempo sta piantata nel petto del re.
Da lungo tempo: da quando il re è nato. Da quando nasce la filosofia ha la propria morte nel cuore.
(…)
Opere di pensatori,scienziati, uomini di fede e di azione, artisti, storici, politici. Una gran muta che è all’inseguimento non di un fantasma, ma di una belva, nata in Grecia qualche secolo prima di Cristo, che fino a ieri era la regina della selva.
(…)
La belva, si è detto, è ferita. Anzi, è ferita a morte.
I cani, correndo, si dicono: “Sono stato io a ferirla!”.
“No, sono stato io!” “Siamo stati tutti assieme!”
E invece, a ferirla a morte non è stato nessuno di loro.
Non è stata la scienza moderna, non la società borghese, non il cristianesimo. Questi hanno solo mostrato di esser capaci a vivere senza filosofia e che anzi la filosofia è un impaccio per il modo in cui essi intendono la vita.
(…)
I cani fiutano il sangue, e gli sanno correre dietro; ma nonostante il vanto che menano non capiscono che i loro denti non sono mai stati un pericolo per la belva.
Essa è ferita a morte da quando è nata.
Essa stessa sin da allora, si è inferta questa ferita.
Perché diciamo questo?”


Emanuele Severino, “La Strada”


La belva, il re.
La belva, il re.